Si è aperta l'8 agosto in Paraguay quella che l'imprenditore argentino Raúl Di Lascio ha definito: "un’esperienza gioiosa di formazione comunitaria". Denominatore comune, la voglia di "imparare EdC"
di Silvano Malini
Sono giovani laureati in economia, contabilità, amministrazione aziendale, ingegneria commerciale e commercio internazionale, ma anche in marketing e pubblicità, o tecnici della cooperazione per lo sviluppo sostenibile, studenti o assistenti di incubatori aziendali. Sono i 33 alunni di questa 5ª Scuola Interamericana per giovani dell’EdC, che si realizza dall’8 al 12 agosto nel Centro Mariapoli Madre dell’Umanità alla periferia di Asuncion, tra i colori e il tepore di un mite inverno paraguayano -che è più una primavera anticipata- e della squisita accoglienza di questo popolo, che abbonda, come la l’esuberante natura subtropicale, di festa, calore, profumi e sapori.
Messico, Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay sono i paesi rappresentati.
Non manca tra loro chi si è già messo in proprio, e chi sta già collaborando nella gestione dell’azienda familiare che si prepara a condurre.
I giovani presenti hanno già una certa esperienza lavorativa, poiché in America Latina ci si laurea in genere attorno ai 25 anni. E soprattutto, impressiona il loro grado di motivazione. Indovinata quindi la scelta di dedicare quasi un pomeriggio intero ad approfondire le motivazioni di ciascun partecipante, messe in comune nei gruppi e da cui si è tratto spunto per dare un orientamento mirato ai contenuti da svolgere.
“Sono venuto per imparare a condurre un’azienda secondo l’EdC”, ha spiegato Lalo, messicano, al momento di presentarsi. “Credo di avere le capacità di prendere il testimone della ditta dei miei genitori” - ha continuato senza falsa modestia - “e lo farò, ma non so ancora esattamente come; ovvero, cosa vuol dire portarla avanti con questi principi. Per questo sono qui”. La voglia di “imparare l’EdC”, con la sua pratica e la sua cultura, per poi trasmetterla, è quindi il comune denominatore tra gli alunni di questa scuola.
Hanno scoperto una passione, hanno trovato una vocazione per la realizzazione dei loro sogni e delle loro persone che li entusiasma e conquista, e che sono determinati a trasmettere a coetanei ed adulti, prendendo di mira soprattutto gli imprenditori con cui la loro attività li mette a contatto.
“Il mio centro estetico è frequentato da persone molto benestanti, e tanti sono imprenditori… Sono venuta qui anche per imparare il linguaggio adeguato per spiegare loro la proposta dell’EdC”, ha detto Xandra, di Minas Gerais (Brasile). È un atteggiamento nel quale si riconoscono in tanti.
E c’è chi, come Gabriela -ingegnera commerciale paraguayana- vuole capire come “servire la società” attraverso la sua professione di pubblicitaria, “vista spesso come il mezzo per a vendere ad ogni costo, ma che ha una propria ragion d’essere al servizio del cliente con un’etica precisa”, spiega. E c’è anche chi vede nel “mettersi in proprio” una possibilità di libertà nello scegliere "il chi e il come" nel rapporto coi clienti e nella strategia di produzione e vendita che sia in un certo modo garanzia di fedeltà ai valori EdC. Sono giovani tutti dentro fino al collo nel mondo dell’impresa. Nessuna ingenuità, quindi, rispetto a problemi e alle difficoltà di un agire economico controtendenza.
Com’è prassi in queste scuole, le lezioni non sono impartite “verticalmente” da accademici o comunque esperti ad alunni che le ricevono passivamente, seppur con tutto l’interesse. Si tratta di trasmettere i frutti della ricerca degli studiosi di EdC, ma a confronto e in dialogo con l’esperienza quotidiana degli imprenditori e stimolata dalle incisive domande degli “studenti”, che mettono a dura prova i peraltro compiaciuti professori e tutor, i quali non nascondono un certo orgoglio nell’assistere alla “passione intelligente” e proattiva di questi giovani.
Raúl Di Lascio, imprenditore argentino giunto il secondo giorno di scuola ad Asunción, ha commentato cosí ció che ha trovato, durante il dialogo con i tutor: “È stato un bellissimo momento, davvero un’esperienza gioiosa di formazione comunitaria”. È un buon riassunto di questo primo giorno e mezzo di scuola.